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      Bocco, da tal mercede allettato, raggiunge con gran moltitudine di soldati Giugurta; ed entrambi attaccano Mario; che giā ritraevasi a' quartieri d'inverno. Pochissimo sopravanzava del giorno; e nelle prossime tenebre speravano gli assalitori di ritrovare scampo, se vinti; se vincitori, stante la loro perizia de' luoghi, facilitā maggiore di ben usar la vittoria; ad ogni modo, in somma, vantaggio a se stessi sperandone, e danno ai nimici. Repentinamente dunque ode Mario, che s'inoltra il nemico; e non men tosto, lo vede. Non gli vien fatto, nč di schierar il suo esercito, nč di piegare le tende, nč di dar ordine alcuno, nč di suonare a battaglia. I Getuli e Mauri co' loro cavalli investono i nostri alla rinfusa, pių a guisa di predatori che d'esercito, quasi gente malamente a caso riunita. I Romani, alquanto disordinati dall'assalto improvviso, ma della loro virtų non immemori, correvano chi all'armi, chi a difendere quei che si armavano; altri a cavallo slanciavansi, e facevan fronte al nemico. Era la mischia da assassini pių assai, che non da soldati: senza bandiere, fuor d'ordine, cavalli e fanti frammisti; altri feriti, altri tagliati a pezzi; molti, nell'atto di fortemente combatter da fronte, assaliti e morti da tergo; non il valore omai scudo, non l'armi; sparpigliati d'ogn'intorno aggirandosi, in numero di gran lunga maggiore, i Numidi. Circondati perciō i Romani, ove il luogo od il caso un numero ne riuniva tal quale, dai veterani addottrinati i novelli, di se stessi cerchio formando, per ogni parte l'un l'altro reggendosi, all'impeto ostile eran argine.


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C. Crispo Sallustio tradotto da Vittorio Alfieri
di Gaius Sallustius Crispus
1807 pagine 161

   





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