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      XCIX.
     
      Mario, dalla dappocaggine dei nemici rassicurato non poco, fe' rimanere il suo esercito in un silenzio profondo; neppure i soliti cenni permettendo alle ascolte. Sul raggiornare poi, quando i Numidi omai stanchi nel primo sonno vanno cadendo, le trombe degli ajuti, delle coorti, delle torme, e delle legioni, suonano di repente a battaglia, i soldati tutti levano ad un tempo un gran grido, fuor del campo slanciandosi. I Getuli e Mauri subitamente destati dall'ignoto orribil fragore, non posson nč armarsi, nč fuggire, nč far cosa alcuna, nč provvedere: infra gli strepiti e gli urli e il tumulto e il terrore, niuno ajutandoli, fieramente i Romani stringendoli, insani quasi dallo spavento rimaneano. In breve perciō e rotti e dispersi, al nemico abbandonano delle bandiere gran parte; moltissimi, e pių che in ogni altra battaglia, vi abbandonan la vita; dal sonno e dal repentino terrore impedita la fuga trovandosi.
     
     
      C.
     
      Proseguė quindi Mario l'intrapreso cammino verso i luoghi marittimi, dove, attesa la facilitā delle vettovaglie, prefisso avea di svernare. Ma, nč infingarditosi egli, nč insuperbito dalla vittoria, come se tuttor si trovasse in faccia ai nemico, inoltravasi in quadrata schiera. Nel destro fianco i cavalli, da Silla guidati; i frombolieri, gli arcieri, le Ligure coorti, nel manco, da Aulo Manlio; in fronte ed in coda, con i pių scelti drappelli, i tribuni. I disertori Affricani, truppa meno apprezzabile, ma del paese pratichissima, precorreano spiando gli ostili andamenti.


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C. Crispo Sallustio tradotto da Vittorio Alfieri
di Gaius Sallustius Crispus
1807 pagine 161

   





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