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      Malgrado i dispiaceri domestici e le ristrettezze economiche, rispetto alla condizione sociale del nostro Sanuto, rese più gravi dalle spese incontrate pel rifacimento della casa, possiamo ritenere, attesa l’indole buona di lui, che il suo matrimonio sia stato felice. Però non ebbe prole, e la felicità coniugale fu di assai breve durata — due anni e nove mesi — perché egli scriveva: «a dì 27 novembre 1508, a nona, morite la mia charissima consorte, stata 49 zorni amalata. Dio le doni requie et riposo»(161).
      Cecilia Priuli-Sanuto, morì poco prima della rotta di Ghiaradadda(162), che spogliò Venezia di quasi tutto il suo dominio in Terraferma. I dolori famigliari e la pubblica sventura, in luogo di accasciare l’animo del nostro Sanuto, che erasi ritirato dalla vita pubblica e dedicato soltanto alle cure famigliari ed agli studi, risvegliarono ed accrebbero in lui, come in tutti i veneziani, ogni energia di opera e di sacrificio, per cui andò famosa l’epoca della immane lotta sostenuta dalla Repubblica contro le potenze europee congiurate a Cambrai.
      Cominciando il volume VIII dei suoi Diarii egli dichiara di non voler più metter fine alla incominciata sua opera, proporsi invece di continuarla per giornata, promettendo di ridurla col tempo a modo di storia(163), pronto però ad accettare gli incarichi che la patria andava offerendo ai cittadini in quelle gravissime circostanze. E subito in fatto lo vediamo far le riviste al Lido a quel manipolo di turchi che, assoldati dal dalmato conte Vanissa, vennero a portare aiuto a Venezia(164). Né fa meraviglia che il 15 maggio del 1509 proponesse in Senato che si mandassero anche oratori al Turco, per chiedere soccorso(165), quando si [53] pensi che da principi cristiani erasi intrapresa una crociata contro Venezia, che pur era il primo baluardo della cristianità(166). In tale occasione egli propose eziandio che il doge andasse personalmente a Verona per animare la difesa(167).


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I Diarii
di Marino Sanuto
Editore Visentini Venezia
1898 pagine 165

   





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