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      [54] Schivava gli onori, non li cercava. Ma quando accettava un incarico questo in lui trasformavasi in una missione, nella quale metteva tutta l’anima sua. Rigido osservatore delle leggi, anche in questo agitato periodo della sua vita, si fece notare in Senato, come censore di ogni debolezza e severo vindice di ogni diritto dell’erario nazionale. Per ciò appunto fu rieletto savio agli Ordini per la settima volta il 21 marzo 1510(180) e, compiuto il semestre, per qualche tempo fu proposto ad altri uffici, nei quali però non riuscì eletto.
      E benché d’indole buona(181) se ne rammaricava, vedendo altri preferiti in posti nei quali egli sentiva che avrebbe potuto rendere migliori servigi alla patria. Proposto provveditore sopra gli Uffici e le cose del regno di Cipro, gli venne preferito altro che avea minor merito di lui, sicché scriveva nei Diarii(182) «et cussì va la justitia di questa terra, che è matti chi se faticha più — ma a molti dolse questo grandissimo torto fatomi».
      Fu anche proposto nel dicembre 1513 di nuovo savio agli Ordini(183) e provveditore alla Camera degli imprestidi(184) e non riuscì.
      Quando andò alla difesa di Padova, «e spese assà denari» lagnossi di essere «mal rimeritato»(185); e quando sulla fine del settembre 1515 fu proposto della Giunta per entrare in Pregadi, e non fu eletto, se ne lagnò ancor più, attribuendo la mancata elezione alla preferenza che il Maggior Consiglio accordava «a coloro che offerivano più denari per sollevare in quei tempi calamitosi le finanze dello Stato»(186). Approvava bensì questo concetto, ma giustamente reputava doversi nelle elezioni aver riguardo anche alla capacità e alle attitudini dei proposti, doversi, scriveva: «pur preferire chi nelle grandi necessità dello Stato più mostrava il suo affetto alla patria mettendola a parte delle sue ricchezze» ma, soggiungeva «quando però fosse atto a sostenere quel carico cui aspirava». Quando poi il 25 marzo 1516 fu proposto per la seconda volta e non riuscì Avogador di Comun: «zuro a Dio mai più provocar alcuna cossa, perché havia 700 che me toleva et fo 16 in eletion, tamen non fui nominato, unde è detto dai [55] savi: moglie e magistrato dal cielo è destinato, et tutto per lo meglio, ergo etc.


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I Diarii
di Marino Sanuto
Editore Visentini Venezia
1898 pagine 165

   





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