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      Huc veniat si quis sanctorum dicta virorumSeu velit visere maxima facta ducum.
     
      Pietro Gianesio, siculo, quest’altro:(205)
      Sicilides nostra muse modulantur in aulaPhebus et aurata personat arte lyra:
      Huc quicumque venis verbis affare latinisAut abeas, musae sic voluere: vale.
     
      E poiché ci vennero conservate dallo stesso Sanuto, riportiamo anche le inscrizioni che adornavano la sua biblioteca(206):
     
      Sopra la porta:
      «Studiose ingredere, doctior exibis.
      Intuens vere animo ditaberis.
      Huc ad hominis divitias.
      Intus mortui loquntur.
      Thesaurus ingeniorum.
      Crasso hic non invidetur.
      Delectabere hic adeo et proficies,
      Crasso ut ne invideas.
      Antrum musarum Pheboque dicatum».
     
      [59] Sulle pareti:
      «Non hic est veterum cinis virorumQuorum docti loqui vigent labores
      Hic totis patet explicatur alisFelix ingenium prioris aevi».
      «Locus sororibus dicatus est novem;
      Procul recedat hinc iners rudis loquax».
      «Haec est aoniis sacrata domuncula musisSiste tuum procul hinc turba profana gradum».
      «Hic locus historicos locus hic capit atque poetasQuos vix terra capit: hic locus unus habet».
     
      Nei Diarii, al 28 aprile 1516, scriveva «che fino allora la sua biblioteca avea, come abbiamo detto, libri 2800(207) e gli era costata ducati 2000», più tardi poi, nel suo testamento(208) affermava che i volumi erano 6500 «i quali mi ha costà assà denari, et è cose bellissime et rare, et molti di lhoro non si trova» e pregava gli esecutori testamentari «che non butino via dessi libri, maxime quelli a penna» dichiarando «che avrebbe voluto far una libreria in qualche monastero di frati, o in quella di S. Marco lassiarne qualcuno, qual libreria mai tegno i farà(209), però ho mutato pensiero et vojo i siano venduti: i qual libri valeno assai più di quelo mi ha costato, per averli comprati con avantazo in tempo di charestia, et haver avuto di queli bon merchado, però pre’ Zambattista Egnatio e messer Antonio di Marsilio, vedendo l’indice, troveran molti esser di far conto, né li buterano via come si suol far».


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I Diarii
di Marino Sanuto
Editore Visentini Venezia
1898 pagine 165

   





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