Anche qui prese la parola contro la vendita delle cariche in aspettativa «et se ben non vadagnai la parte che non me [88] incuro, havi grandissimo honor et con tempo cognosserano quanto è mal»(340); e sull’elezione dei Savi bastando che egli accennasse ad opporsi alla proposta perché venisse senz’altro respinta, e sopra un’elezione del Consiglio dei Dieci assai contrastata. «Et io,» scrive «andai in renga et contradissi a la parte del Serenissimo Principe, et feci optima renga con grandissime audientie. Et tutto el Consejo sentiva per mi, perché laudai il far dil Consejo dei X come vol la leze, biasimando la parte dil Serenissimo, con parole accomodate et ben grate al Consejo. Et il Serenissimo mi rispose et mi laudò havessi dito le opinion mie, ma Sua Serenità sentiva cussì. Parlò mal, et io vinsi, et tuti si alegroe con mi»(341).
Un altra volta però confessa, che, avendo proposto di indugiare la nomina di capitano generale da mar, gli rispose il doge «et è, dice, la terza volta che mi risponde a Gran Consejo», facendogli comprendere che entrando nell’Adriatico l’armata di Filippo Doria, non era il caso di indugio. «E parlò ben et vinse il partito con 1076 voti contro 110 negativi e 10 non sinceri. E Dio volesse io non avessi parlato, perché andar contro il volgo (e qui intende la maggioranza) è gran cossa, ma io dissi quelo sentiva»(342).
Richiese al Collegio artiglierie e munizioni per la difesa del castello di Sanguinetto di cui era signore Marcantonio Venier suo nipote, ed ottenne 2 falconetti di ferro, 2 barili di polvere e 50 palle, perché «venendo i nemici verso il Ponte Molin avrebbero potuto attaccare il castello dove ordinariamente si rifugiano gli uomini del luogo e gli animali(343)».
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I Diarii
di Marino Sanuto
Editore Visentini Venezia 1898
pagine 165 |
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