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      Dal 1532 in poi rimase della Giunta, dapprima membro operoso, poi meno, perché colpito da malattie che lo trassero in pochi anni al sepolcro. Le principali sue arringhe in quest’ultimo periodo furono sui prestiti imposti al clero pei bisogni della Patria(397), sopra un credito che la Repubblica ripeteva dal duca di Milano(398), e sulla convenienza, anzi obbligo, di ciascun proponente od oppositore di qualunque deliberazione, di esporne chiaramente le ragioni(399).
      Il 26 giugno 1533 tenne un’arringa, motu conscientiae, in favore della proposta di aggregare i censori ai Collegi criminali, e vinse il partito, «et fo con grande honor mio»(400).
      Ma pochi giorni dopo, dovendosi appunto eleggere un censore, proposto a quel carico ebbe soltanto 50 voti contro 104(401), e ne rimase afflitto. Il giorno seguente, invitato in casa Diedo ad una festa, non volle andarvi, benché vi si recitasse «una commedia piacevole et poi ballato justa il consueto»(402). Invece recossi nel Maggior Consiglio, per perorare la convenienza che alla dignità di podestà in Padova si provvedesse con qualche solennità: «Montai, scrive, per il primo la renga nuova, et feci un’ottima arringa»(403).
      Fu anche a vedere in quei giorni, per rendersene conto, una importante novità, cioè la scoperta dell’acqua dolce a gran profondità sotto il suolo di Venezia, ricavata mediante terebrazione in campo S. Agnese. Assaggiò egli stesso l’acqua che era buonissima. Il fatto non è senza importanza, perché tre secoli dopo nel luogo stesso, e forse in causa dell’antica perforazione, volendosi fondare un pozzo tubolare, si ebbe il fenomeno di un grande scoppio, che danneggiò le case vicine.


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I Diarii
di Marino Sanuto
Editore Visentini Venezia
1898 pagine 165

   





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