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      Amministrò con zelo e onestà la cosa pubblica, e tenacemente richiese che così l’amministrassero gli altri. Si fe’ maggiore delle invidie e delle animosità. Lo adoravano i giovani, «i vecchi non mi vogliono», diceva spesso. Era da tutti tenuto in grande estimazione, ma riconosciuto da pochi, e tardi assai rimeritato dalla Patria. Fu indegnamente calunniato dall’Aretino.
      [111] Vedemmo l’uomo privato, disgraziato nella fanciullezza, d’animo ilare in gioventù, poi serio e severo, sempre retto; lo cogliemmo nella sua grande affezione al nipote Marcantonio Venier, che considerò ed amò come figlio, e in quella che portò alla madre, alla sorella, e alle figlie naturali, Bianca e Candiana, frutto di amori giovanili, cura premurosa di tutta la sua vita.
      Di carattere un po’ difficile e scontroso sentiva molto di sé, né sapeva rassegnarsi alla mortificazione di vedersi posposto nelle elezioni a chi credeva avesse minori meriti.
      Di profondo e versatile ingegno, d’instancabile forza nel lavoro e nello studio, avea resa la sua biblioteca uno splendido ornamento di Venezia. Raccoglitore pertinace di cronache, memorie, documenti, lettere e di tutto quello che potesse giovare ai suoi lavori, fu uno storico molto diligente; cronista acuto, perspicace, insuperabile; letterato mediocre. Coltivò anche le muse, con poca fortuna; ma fece preziose raccolte di poesie specialmente politiche, ben conoscendo come i canti e le satire popolari del tempo giovano anch’esse a chiarire la storia.
      Scrittore infaticabile, meraviglioso, e quasi diremmo unico fra gli uomini di Stato, non fece stampare alcuno dei suoi molti lavori, mai se ne mostrava pienamente soddisfatto, voleva riordinarli, rifarli, corregerli, limarli.


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I Diarii
di Marino Sanuto
Editore Visentini Venezia
1898 pagine 165

   





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