Vene do oratori di la comunità di Arbe con una lettera di sier Piero Boldù conte: pregando la Signoria non dovesse armar galie de lì, per esser povero contà; et li fo risposto a questo bisogno vol armino.
     
      Vene Zuam Alberto da la Pigna venuto da Ferrara, et disse il signor ducha si racomandava a la serenità del principe et la Signoria, et che si dicea è un ladro, et di caxa di magnaza, tamen era servitor di questa Signoria; et che li oratori pisani sono lì, alozano in canonicha, disseno mal dil signor suo; pur adì 16, lì a Ferrara havia riconzato a la sententia tre cosse: primo la nomination di luogi da esser electo l'assessor, vol sia al modo di la electiom dil podestà, zoè di le terre dil papa, di Mantoa, di Bologna et di Ferrara, et elezano pisani cinque, de' quali a esso ducha stagi a elezer uno, et che 'l capitano de' fiorentini con el consejo di questo assessor debi esser [636] obligado far, zoè oltra quello è dito in la sententia etiam in alia poena criminalis. Et è da saper dovea dir con consenso e non con consilio che nihil est azonto. Item, che per la povertà de' pisani vol non siano astreti a restituir i beni mobeli, nì etiam fiorentini versa vice non siano astreti a' pisani. Et il principe non li fè tropo bona ciera, et lui Zuam Alberto comenzò a zurar li doleva fino nel cuor di tal cosse.
     
      Da Ferrara, dil vicedomino, di 18. Come poi era seguito l'acordo saria buono cassar le poste havia per mandar lettere a Pisa, et cussì li fo scrito facesse. Item, un'altra lettera, come el ducha con li burchi havia portato contrabandi, prima 23 casse di zucharo, 18 casse di saoni, cera, cenere, speciarie, panni di seda, et che andoe li soi per veder, et il signor non volse zerchasseno, et andoe dal ducha a dolersi facea contra li capitoli, et misier Zuam Lucha li disse contra alcune parole, et il signor disse voler veder li capitoli, et il vice domino mostrò la consuetudine sempre stata.