Queste due mani di conclusioni furono come una contestazione di lite, perché passò inanzi Martino Lutero a scrivere in difesa delle sue, e Giovanni Ecchio ad oppugnarle, et essendo andate cosí le conclusioni, come le altre scritture, a Roma, scrisse contra Lutero frate Silvestro Prierio dominicano. La qual contesa di scritture sforzò una parte e l'altra ad uscir della materia e passar in altre di maggiore importanza.
Perché, essendo l'indulgenze cosa non ben essaminata ne' precedenti secoli, né ancora ben considerata come si difendesse e sostentasse, o come si oppugnasse, non erano ben note la loro essenza e cause. Alcuni riputavano le indulgenze non esser altro ch'una assoluzione e liberazione, fatta per autorità del prelato, dalle penitenze che negli antichissimi tempi, per ragion di disciplina, la Chiesa imponeva a' penitenti, (questa imposizione fu ne' seguenti secoli dal solo vescovo assonta, poi delegata al prete penitenziario, e finalmente rimessa all'arbitrio del confessore), ma non liberassero di pagar il debito alla divina giustizia. Il che parendo ad altri che cedesse piú a maleficio, che a beneficio del popolo cristiano, il quale, coll'esser liberato dalle pene canoniche, si rendeva negligente a sodisfar con pene volontarie alla divina giustizia, entrarono in opinione che fossero liberazione dall'una e dall'altra. Ma questi erano divisi, volendo alcuni che fossero liberazione senza che altro fosse dato in ricompensa di quelle, altri, aborrendo un tal arbitrio, dicevano che, stante la communione in carità delli membri di Santa Chiesa, le penitenze di uno si potevano communicar all'altro e con questa compensazione liberarlo.
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