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      Questa bolla mandò al cardinale Gaetano, il qual, essendo a Linz in Austria superiore, la publicò e ne fece far molti essemplari autentici, mandandone a ciascuno dei vescovi di Germania con commandamento di publicarli e di commandar severamente e sotto gravi pene a tutti di non aver altra fede.
      Da questa bolla vidde chiaramente Martino che da Roma e dal pontefice non poteva aspettar altro ch'esser condannato, e sí come per l'innanzi aveva per lo piú riservata la persona et il giudicio pontificio, cosí doppo questa bolla venne a risoluzione di rifiutarlo. Perilché mandò fuori un'appellazione: nella quale, avendo prima detto di non voler contraporsi all'autorità del pontefice quando insegni la verità, soggionse ch'egli non era essente dalle communi condizioni di poter fallare e peccare, allegando l'essempio di san Pietro ripreso da san Paolo gravemente; ma ben era cosa facile al papa, avendo tante richezze e seguito, senza rispetto d'alcuno, opprimere chi non sente con lui; a' quali non resta altro rimedio che rifugire al concilio col beneficio dell'appellazione, poiché per ogni ragione deve esser preposto il concilio al pontefice. Andò per Germania la scrittura dell'appellazione e fu letta da molti e tenuta ragionevole; perilché la bolla di Leone non estinse l'incendio eccitato in Germania.
     
     
      [Per le medesime ragioni nascono turbamenti in svizzeri. Giudicii del mondo sopra questi accidenti]
     
      Ma in Roma, avendo come dato animo alla corte non altrimenti che se il fuoco fosse estinto, fu mandato fra Sanson da Milano, dell'ordine di san Francesco, a predicare le medesime indulgenze ne svizzeri; il quale, doppo averle pubblicate in molti luoghi e raccolto sino a 120 mila scudi, finalmente capitò in Zurich, dove insegnava Ulrico Zuinglio, canonico in quella chiesa; il quale opponendosi alla dottrina del frate questore, furono tra loro gravi dispute, passando anco d'una materia nell'altra non altrimenti di quello che era accaduto in Germania.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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