Allegavano i teologi che la dottrina si vedeva con evidenza empia, et i libri erano divulgati, e le prediche di Lutero notorie; dicevano gli altri che la notorietà non toglieva la difesa che è de iure divino et naturale, correndo alli luoghi soliti: "Adam ubi es?", "Ubi est Abel frater tuus?" e nell'occorenza delle 5 città, "Descendam et videbo". Aggiongevano che la citazione dell'auditore dell'anno inanzi, in virtú della quale il giudicio fu rimesso al Gaetano in Augusta e restò imperfetta, quando altro non fosse la mostrava necessaria. Doppo molte dispute, nelle quali i teologi attribuivano a sé soli la decisione, trattandosi di cosa di fede, et i giurisconsulti se l'appropriavano quanto alla forma di giudicio, fu proposto composizione tra loro, distinguendo il negozio in tre parti: la dottrina, i libri e la persona. Della dottrina, concessero i canonisti che si condannasse senza citazione; della persona, persistevano in sostenere che fosse necessaria; però non potendo vincer gli altri, che insistevano con maggior acrimonia e si coprivano col scudo della religione, trovarono temperamento che a Martino fosse fatto un precetto con termine conveniente, che cosí si risolverebbe in citazione. Delli libri fu piú che fare, volendo i teologi che insieme con la dottrina fossero dannati assolutamente, et i canonisti che si ponessero dal canto della persona e si comprendessero sotto il termine. Non potendosi accordar in questo, fu fatto l'uno e l'altro: prima dannati di presente, e poi dato il termine ad abbruciarli.
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Lutero Abel Gaetano Augusta Martino
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