Dalle quali cose non potendo esser rimosso e restando fermo nella sua risoluzione che non accettarebbe alcun giudicio se non sotto la regola della Scrittura, gli fu dato comiato e termine di 21 giorni per tornar a casa, con condizione che nel viaggio non predicasse, né scrivesse. Di che egli, avendone rese grazie, a 26 d'aprile si partí.
Dopo, Carlo imperatore, il giorno 8 di maggio, nel medesimo consesso di Vormazia, publicò un editto dove, avendo prenarrato che all'ufficio dell'imperatore tocca aggrandire la religione et estinguer l'eresie che incominciassero a nascere, passò a raccontare che frate Martino Lutero si sforzava di macchiare la Germania di quella peste, sí che, non ovviandosegli, tutta quella nazione era per cadere in una detestabile pernicie; che papa Leone l'aveva paternamente ammonito, e poi il consiglio di cardinali et altri uomini eccellenti avevano condannato i suoi scritti e dichiarato lui eretico, se fra certo termine non rivocava li errori; e di quella bolla della condanna ne aveva mandato copia ad esso imperatore, come protettor della Chiesa, per Girolamo Aleandro suo nuncio, ricercandolo che fosse esseguita nell'Imperio, regni, dominii e provincie sue. Ma che per ciò Martino non si era corretto, anzi alla giornata moltiplicava libri pieni non solo di nove eresie, ma ancora di già condannate da' sacri concilii, e non tanto in lingua latina, ma ancora in tedesca. E nominati poi in particolare molti errori suoi, conclude non vi esser alcuno scritto dove non sia qualche peste o aculeo mortale, sí che si può dir che ogni parola sia un veneno.
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