Pagina (34/1561)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Ma un concilio che procedesse come era fatto per 800 anni inanzi non lo volevano, e si lasciavano intendere di non rimettersi a quel giudicio. E Martino usava di dire che in Vormazia fu troppo pusillanime, e che era tanto certo della sua dottrina che, come divina, non voleva manco sottometterla al giudicio degli angeli, anzi, che con quella egli era per giudicare gli uomini e gli angeli tutti. I prencipi et altri governatori de' paesi, non curando molto quello che il concilio dovesse risolvere intorno alle dottrine, lo desideravano tale che potesse ridurre i preti e frati al loro principio, sperando che per quel mezo ad essi dovessero tornare i regali e le giurisdizzioni temporali, che con tanta abondanzia et ampiezza erano passate nell'ordine ecclesiastico. E però dicevano che vano sarebbe far un concilio dove soli i vescovi et altri prelati avessero voto deliberativo, perché essi dovevano essere riformati, et era necessario che altri ne avessero il carico, quali dal proprio interesse non fossero ingannati e costretti a risolvere contra il ben commune della cristianità. Quelli del popolo, ancora che avessero qualche cognizzione delle cose umane, desideravano moderata l'autorità ecclesiastica e che non fossero cosí aggravati i miseri popoli con tante essazzioni, sotto pretesto di decime, limosine d'indulgenze, né oppressi dalli ufficiali de' vescovi, sotto pretesto di correzzioni e di giudicii. La corte romana, parte principalissima, desiderava il concilio in quanto avesse potuto restituire al pontefice l'obedienzia che gli era levata, et approvava un concilio secondo le forme nelli prossimi secoli usate; ma che quello avesse facultà di riformar il pontificato e di levare quelle introduzzioni dalle quali la corte riceveva tanti emolumenti e per le quali collava in Roma gran parte dell'oro della cristianità, questo non piaceva loro.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





Martino Vormazia Roma