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      A 6 di marzo fu fatto il recesso con i precetti contenuti nella risposta al noncio, e fu poco dopo ogni cosa stampata, cosí il breve del papa, come anco l'instruzzione del noncio, le risposte e repliche con li 100 gravami furono divolgati per Germania e di là passarono ad altri luoghi et anco a Roma. Dove la aperta confessione del pontefice, che della corte romana et ordine ecclesiastico venisse l'origine d'ogni male, non piacque e generalmente non fu grata ai prelati, parendo che fosse con troppo ignominia e che dovesse renderli piú odiosi al secolo e potesse esser causa anco di farli sprezzare dai popoli, anzi dovesse far i luterani piú audaci e petulanti. E sopra tutto premeva il vedere aperta una porta, dove per necessità sarebbe introdotta o la tanto aborrita moderazione de' commodi loro, overo convinta la incorrigibilità. E quelli che scusavano piú il pontefice, attribuivano alla poca cognizione sua dell'arti colle quali si mantiene la potenza pontificia e l'autorità della corte, fondate sopra la riputazione. Lodavano papa Leone di giudicio e prudenza, che seppe attribuir la mala opinione che la Germania aveva de' costumi curiali alla poca cognizione che di essa avevano. E però nella bolla contra Martino Lutero disse che se egli, essendo citato, fosse andato a Roma, non averebbe trovato nella corte gli abusi che si credeva.
      Ma in Germania i mal affetti alla corte romana interpretavano quella candidezza in sinistro, dicendo che era una solita arte di confessar il male e prometterne il rimedio, senza alcun pensiero di effettuare cosa alcuna, per addormentar gli incauti, goder il beneficio del tempo e fra tanto, co 'l mezo delle prattiche co' prencipi, giustificarsi in modo che potessero meglio assoggettir i popoli e levarli il potersi opponer ai loro voleri e di parlare dei loro mancamenti.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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