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      Il contenuto suo fu che, essendo necessario per dar ordine e forma alle cose della religione e per mantenimento della libertà, celebrar un legitimo concilio in Germania overo un universale di tutta la cristianità, il quale s'incomminci inanzi che passi un anno, si debbano mandar ambasciatori a Cesare a pregarlo di voltar l'occhio al misero e tumultuoso stato dell'Imperio e ritornar in Germania quanto prima a procurarlo. Che fra tanto che si ottenga o l'un o l'altro de' concilii necessarii, nella causa della religione e dell'editto di Vormazia tutti li prencipi e stati debbiano nelle loro provincie e giurisdizzioni governarsi in maniera che possino render buon conto delle loro azzioni alla Maestà divina et all'imperatore.
     
     
      [Clemente, ingelosito contra Cesare, fa lega col re di Francia et altri]
     
      Ma in Italia Clemente, che aveva passato tutto l'anno inanzi in perplessità e timori, parendogli di veder Carlo ora armato in Roma per occupar lo Stato ecclesiastico e racquistare la possessione dell'Imperio romano, occupato coll'arti de' suoi predecessori, ora di vederlo in un concilio a moderar l'autorità pontificia nella Chiesa, senza di che ben vedeva esser impossibile diminuire la temporale, e sopra tutte le cose avendo concetto un mal presaggio che tutti i ministri mandati in Francia per trattar con la madre del re e col governo fossero nel viaggio periti, finalmente nell'uscir di marzo di quest'anno respirò alquanto, intendendo che il re liberato era tornato in Francia. Mandò in diligenza a congratularsi con lui et a concluder la confederazione contra l'imperatore; la qual, poiché fu stabilita in Cugnac il 22 maggio tra sé, quel re et i prencipi italiani con nome di Lega santissima, et assolto il re dal giuramento prestato in Spagna per osservazione delle cose convenute, liberato dal timore, affetto che lo dominava molto, parendoli d'esser in libertà, et irritato sommamente perché non solo in Spagna et in Napoli erano publicate ordinazioni in pregiudicio della corte romana, ma, quel che piú gli premeva, in quei giorni un notaro spagnolo ebbe ardire di comparir in Rota publicamente e far commandamento per nome di Cesare a due napolitani che desistessero di litigar in quell'auditorio, venne in risoluzione di far palese l'animo suo per dar cuore ai collegati; e scrisse a Carlo sotto il 23 giugno un breve assai longo in forma d'invettiva, dove commemorati i beneficii fattigli da sé, cosí essendo cardinale, come doppo nel pontificato, et i partiti grandi che aveva ricusato da altri prencipi per star nella sua amicizia, vedendo d'esser mal rimeritato e non essergli corrisposto né in benevolenza, né meno in osservazione delle promesse, anzi, in contrario, essergli data molta materia di sospezzione e fatte molte offese, con eccitamento di nuove guerre in Italia et altrove, le quali tutte commemorò particolarmente, imputando all'imperatore la colpa di tutti i mali e mostrando che in tutto la dignità pontificale fosse lesa, e passando anco ad un altro genere di offensioni fattegli con aver publicato leggi in Spagna e pragmatiche in Napoli contra la libertà ecclesiastica e la dignità della Sede apostolica, concluse finalmente non secondo il consueto de' pontefici con minaccie di pene spirituali, ma protestandogli che se non vorrà ridursi alle cose del giusto, cessando dall'occupazione d'Italia e da perturbar le altre parti della cristianità, egli non sarà per mancar alla giustizia e libertà d'Italia, nella quale sta la tutela di quella Santa Sede, ma moverà le arme sue giuste e sante contra di lui, non per offenderlo, ma per defender la commune salute e la propria dignità.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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