Ma cesse facilmente al consiglio de suoi che lo persuasero a salvar la persona sua per il corridore nel Castello e non dar occasione d'esser notato d'imprudenza.
Entrarono i Colonnesi in Roma e saccheggiarono tutta la supellettile del palazzo ponteficio e la chiesa di San Pietro. Si estesero ancora alle prime case del Borgo. Ma facendo resistenza gli abitanti e sopravenendo gli Orsini, contraria fazzione, in soccorso, furono costretti ritirarsi nell'alloggiamento sicuro che avevano preso vicino, portando nondimeno la preda del Vaticano con immenso dispiacere del papa, et in quel luogo ingrossandosi ogni giorno piú con aiuti che giongevano da Napoli, il papa, temendo qualche maggior incontro, vinto dalla necessità, chiamò in Castello don Ugo di Moncada, ministro imperiale, concluse con lui tregua per 4 mesi, con condizione che i Colonnesi et i napolitani si ritirassero da Roma, et il papa ritirasse le sue genti di Lombardia; il che esseguendo ambidue le parti, Clemente fece ritornar le genti sue a Roma sotto pretesto d'osservare i capitoli della tregua, e con quelle assicurato fulminò contra tutti i Colonnesi, dichiarandoli eretici e scismatici e scommunicando qualonque gli prestasse aiuto, conseglio o favore overo gli desse ricetto, e privò ancora il cardinale della dignità cardinalizia; il qual ritrovandosi in Napoli, non stimate le censure del papa, publicò un'appellazione al concilio, proponendo non solo l'ingiustizia e nullità de' monitorii, censure e sentenze, ma ancora la necessità della Chiesa universale, la quale, ridotta in manifesto esterminio, non poteva esser per alcun mezo sollevata se non per la convocazione d'un legitimo concilio che la riformasse nel capo e ne' membri; in fine citando Clemente al concilio che l'imperatore averebbe convocato in Spira.
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