[Il papa, mal sodisfatto di Cesare, per la riputazione simula desiderar il concilio]
Il pontefice, avuta notizia delle cose nella dieta successe per aviso del suo legato, fu toccato d'un interno dispiacere d'animo, scoprendo che se ben Carlo aveva ricevuto il suo conseglio, usando l'imperio e minacciando la forza, però non aveva proceduto come avvocato della Chiesa romana, al quale non appartiene prender cognizione della causa, ma esser mero essecutore de' decreti del pontefice; a che era affatto contrario l'aver ricevuto e fatto legger le confessioni e l'aver instituito colloquio per accordar le differenze. Si doleva sopra modo che alcuni ponti fossero accordati, e maggiormente che avesse acconsentito l'abolizione d'alcuni riti, parendogli che l'autorità pontificia fosse violata quando cose di tanto momento sono trattate senza participazione sua; se almeno l'autorità del suo legato fosse intervenuta, s'averebbe potuto tolerare. Considerava appresso che l'aver a ciò consentito i prelati, era con sommo suo pregiudicio, e sopra tutto gli premeva la promessa del concilio, tanto aborrito da lui: nella quale, se ben pareva fatta onorevole menzione dell'autorità sua, però l'aver prescritto il tempo di 6 mesi a convocarlo e d'un anno a principiarlo era metter mano in quello che è proprio del pontefice e far l'imperatore principale et il papa ministro. Osservando questi principii, concluse che poco buona speranza poteva aver nelle cose di Germania, ma che conveniva pensare ad un defensivo, acciò il male non passasse all'altre parti del corpo della Chiesa.
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