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      Perilché accesa la bile in tutti, si precipitò alla sentenza, la quale fu prononciata in consistorio li 24 dello stesso mese: che il matrimonio tra Enrico e la regina Catarina era valido et egli era tenuto averla per moglie, e che non lo facendo, fosse scommunicato.
      Fu il pontefice presto mal contento della precipitazione usata. Perché 6 giorni dopo arrivarono lettere del re di Francia, che quello d'Inghilterra si contentava d'accettare la sentenza sopra gli attentati e render l'ubedienza, con questo che i cardinali sospetti a lui non s'intromettessero nella causa e si mandasse in Cambrai persone non sospette per pigliare l'informazione, e già aveva inviato il re i procuratori suoi per intervenire nella causa in Roma. Per questo il pontefice andava pensando qualche pretesto con quale poteva sospendere la sentenza precipitata e ritornar in piedi la causa.
      Ma Enrico, subito veduta la sentenza, disse importare poco, perché il papa sarebbe vescovo di Roma, et egli unico padrone del suo regno; che l'averebbe fatta al modo antico della Chiesa orientale, non restando d'esser buon cristiano, né lasciando introdurre nel suo regno l'eresia luterana o altra; e cosí esseguí. Publicò un editto dove si dichiarò capo della Chiesa anglicana; pose pena capitale a chi dicesse che il pontefice romano avesse alcun'autorità in Inghilterra; scacciò il collettore del danaro di san Pietro, e fece approvare tutte queste cose dal parlamento, dove anco fu determinato che tutti i vescovati d'Inghilterra fossero conferiti all'arcivescovo Cantuariense, senza trattar niente con Roma, e che dal clero fosse pagato al re 150 mila lire sterlinghe all'anno per defensione del regno contra qualonque.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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