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      Egli, cardinal essercitato in 6 pontificati, decano del collegio e molto versato nelle negoziazioni, non mostrava di temer il concilio, come Clemente, anzi era d'opinione che fosse utile per le cose del pontificato mostrare di desiderarlo e volerlo onninamente, essendo certo che non poteva esser sforzato di farlo con modo et in luogo dove non vi fosse suo avvantaggio, e che, quando avesse bisognato impedirlo, era assai bastante la contradizzione che gli averebbe fatta la corte e tutto l'ordine ecclesiastico. Giudicava che questo anco gli avesse dovuto servire per tener la pace in Italia, la quale gli pareva molto necessaria, per poter governare con quiete. Vedeva benissimo che questo colore di concilio gli poteva servire a coprire molte cose et a scusarsi dal far quelle che non fossero state di sua volontà. Perilché, subito creato, si lasciò intendere che, quantonque i capitoli non fossero giurati, egli nondimeno era risoluto di voler osservare quello della convocazione del concilio, conoscendola necessaria per la gloria di Dio e beneficio della Chiesa; et a' 16 dello stesso mese fece congregazione universale de' cardinali, che non si chiama consistorio, non essendo ancora coronato il papa, dove propose questa materia. Mostrò con efficaci ragioni che la intimazione non si poteva differire, essendo altrimente impossibile che fra prencipi cristiani potesse seguire buona amicizia e che le eresie potessero esser estirpate, e però che i cardinali tutti dovessero pensare maturamente sopra il modo di celebrarlo.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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