Le risposte di Lutero furono, secondo il naturale costume suo, veementi e concitate, con dire che non faceva nissuna stima del conto in che fosse appresso la corte romana, della quale non temeva l'odio, né curava la benevolenza; che ne' servizii divini s'implicava quanto poteva, se ben con riuscita di servo inutile; che non vedeva come fossero congionti a quei del pontificato, se non come le tenebre alla luce; nissuna cosa nella vita sua essergli stata piú utile che il rigore di Leone e la durezza del Gaetano, quali non può imputare a loro, ma gli ascrive alla providenza divina. Perché in quei tempi, non essendo ancora illuminato di tutte le verità della fede cristiana, ma avendo solo scoperto gli abusi nella materia delle indulgenze, era pronto di tener silenzio, quando da suoi avversarii fosse stato servato l'istesso. Ma le scritture del maestro del sacro palazzo, la superchiaria del Gaetano e la rigidezza di Leone l'avevano costretto a studiare e scoprire molti altri abusi et errori del papato meno tollerabili, i quali non poteva con buona conscienzia dissimulare et restar di mostrare al mondo. Aver il noncio per sua ingenuità confessato di non intender teologia, il che appariva anco chiaro per le raggioni proposte da lui, poiché non si poteva chiamare la dottrina sua nuova, se non da chi credesse che Cristo, gli apostoli et i santi padri avessero vivuto come nel presente secolo il papa, i cardinali et i vescovi; né si può far argomento contra la dottrina medesima dalle sedizioni occorse in Germania, se non da chi non ha letto le Scritture e non sa questa essere la proprietà della parola di Dio e dell'Evangelio, che, dove è predicato, eccita turbe e tumulti, sino al separar il padre dal figliuolo.
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