Al che rispose il pontefice che la moltitudine doveva esser non di persone armate, né professori di milizia, ma de' ecclesiastici e letterati, quali con un solo magistrato, che egli averebbe deputato per render giustizia con una picciola corte e guardia, sarebbe stato bastante per contenergli in ufficio; che una guarniggione di soldati armati sarebbe stata di sospetto a tutti e poco condecente al luogo d'un concilio, che debbe essere tutto in apparenza et effetti di pace; e che pure quando vi fosse stato bisogno di arme per guardia, non essere di raggione che fossero in mano d'altri che del concilio medesimo, cioè del papa che ne è il capo. Il duca, considerando che la giurisdizzione si tira sempre dietro l'imperio, replicò non volere in modo alcuno che nella sua città sia amministrata la giustizia da altri che dalli ufficiali suoi; il papa, prudentissima persona, a cui poche volte occorreva di udir risposta non preveduta, restò pieno di stupore e rispose all'uomo del duca che non averebbe creduto dal suo patrone, prencipe italiano, la casa del quale aveva ricevuti tanti beneficii dalla Sede apostolica, che aveva un fratello cardinale, dovergli essere negato quello che mai piú da nissuno gli fu messo in controversia, quello che ogni legge divina et umana gli dona, che né anco i luterani gli sanno negare, cioè l'essere giudice supremo degli ecclesiastici, e quello che il duca non contrasta al suo vescovo, che giudica le cause de' preti in Mantova. Nel concilio non dovere intervenire se non persone ecclesiastiche, le quali sono essenti dal secolare cosí esse, come le sue famiglie, il che è cosí chiaro che concordemente dalli dottori è affermato eziandio le concubine de' preti esser del foro ecclesiastico, et egli vuol negargli d'aver un magistrato che rendi giustizia a quelli durante il concilio?
| |
Sede Mantova
|