Non ostante questo, il duca stette fermo cosí in ricusare di concedere al papa giusdicenti in Mantova, come anco in domandar soldi per pagar soldati; le quali condizioni parendo al pontefice dure e (come diceva) contrarie alli antichi costumi et aliene dalla dignità della Sede et alla libertà ecclesiastica, ricusò di condescendervi e deliberò di non voler piú concilio a Mantova, raccordandosi molto bene di quello che avvenne a Giovanni XXIII avendo celebrato concilio dove altri era piú potente, deliberò di sospendere il concilio, si scusò con una sua bolla publica, dicendo in sostanza che, se ben con suo dolore era sforzato deputar altro luogo per il concilio, nondimeno lo sopportava, perché era per colpa d'altri e non sua propria, e che non potendo cosí sprovistamente risolversi d'un altro luogo opportuno, sospendeva la celebrazione del concilio sino ad primo di novembre del medesimo anno.
Publicò in questo tempo il re d'Inghilterra un manifesto per nome suo e della nobiltà, contra la convocazione fatta dal pontefice, come da persona che non abbia potestà, et in tempo di guerra ardente in Italia, et in luogo non sicuro, soggiongendo che ben desidera un concilio cristiano, ma al pontificio non è per andare, né per mandarvi ambasciata, non avendo che fare col vescovo romano, né con i suoi editti, piú che con quelli di qualonque altro vescovo; che già i concilii solevano essere congregati per autorità de re, e questo costume maggiormente debbe esser rinovato adesso, quando che si tratta d'accusar i difetti di quella corte; non esser cosa insolita a' pontefici di mancar di fede, il che dovea considerare piú lui, che è acerbissimamente odiato per aver dal suo regno levata quella dominazione et il censo che gli era pagato.
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