Pagina (160/1561)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

     
      Il pontefice, ricevuta la relazione di questi prelati, la fece considerar a molti cardinali e propose poi in consistorio la materia per prenderne deliberazione. Frate Nicolò Scomberg dell'ordine dominicano, cardinale di San Sisto, con altro nome chiamato di Capua, con longhissimo discorso mostrò, che quel tempo allora presente non comportava che si riformasse alcuna cosa. Primieramente considerò la malizia umana, che sempre, quando li è impedito un corso al male, ne ritrova un peggiore, e che è manco mal tolerar il disordine conosciuto, e che per esser in uso non dà tanta maraviglia, che, per rimediar a quello, dar in uno che, come nuovo, restarà piú apparente e sarà anco piú ripreso. Aggionse che sarebbe dar occasione a' luterani di vantarsi che avessero sforzato il pontefice a far quella riforma, e sopra tutte le cose considerava che sarebbe stato principio non di levar gli abusi soli, ma ancora insieme i buoni usi, e metter in maggior pericolo tutte le cose della religione: perché con la riforma si confesserebbe che le cose provedute meritamente erano riprese da luterani, che non farebbe altro che dar fomento a tutta la loro dottrina. In contrario Giovan Pietro Caraffa, cardinale teatino, mostrò che la riforma era necessaria e grand'offesa di Dio esser il tralasciarla, e rispose esser regola delle azzioni cristiane che sí come non s'ha da far alcun male acciò ne succeda bene, cosí non si debbe tralasciare alcun bene di obligazione per timore che ne venga il male. Varie furono le opinioni, e finalmente, dopo detti diversi pareri, fu concluso che si differisse di parlarne ad altro tempo, e commandò il pontefice che fosse tenuta segreta la rimostranza fattagli da' prelati.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





Nicolò Scomberg San Sisto Capua Giovan Pietro Caraffa Dio