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      E con tutto che la guerra ardesse in tanti luoghi, il pontefice, riputando che se non proseguiva il negozio del concilio, interessava molto la sua riputazione, sotto li 26 agosto di questo anno 1542 mandò a Trento per legati suoi alla sinodo intimata i cardinali Pietro Paolo Parisio, Giovanni Morone e Reginaldo Polo; il primo come dotto e prattico canonista, il secondo intendente de' maneggi, il terzo a fine di mostrare che, se ben il re d'Inghilterra era alienato dalla soggezzione romana, il regno però aveva gran parte in concilio. A questi spedí il mandato della legazione e commesse che si ritrovassero e trattenessero i prelati e gli ambasciatori che vi fossero andati non facendo però azzione alcuna publica sino che non avessero ricevuta l'instruzzione che egli gli averebbe inviato a tempo opportuno.
      L'imperatore ancora, intesa la deputazione de' legati, non con speranza che in quel stato di cose potesse riuscire alcun bene, ma acciò dal pontefice non fosse operato alcuna cosa in suo pregiudicio, vi mandò ambasciatori don Diego, residente per lui in Venezia, e Nicolò Granvela, insieme con Antonio, vescovo d'Arras, suo figliuolo, et alcuni pochi vescovi del regno di Napoli. Et il pontefice, oltre i legati, inviò anco alcuni vescovi de' piú fedeli, ordinando però che lentamente vi si incaminassero. Arrivarono cosí i ponteficii, come gli imperiali, a tempo determinato. E questi presentarono a' legati il mandato imperiale: fecero instanza che il concilio si aprisse e fosse dato principio alle azzioni.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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