Dio avere sempre essaltato i prencipi divoti della Sede romana, capo di tutte le chiese, Constantino, i Teodosii e Carlo Magno; per il contrario avere punito quelli che non l'hanno rispettata: ne sono essempii Anastasio, Maurizio, Costante II, Filippo, Leone et altri, et Enrico IV per questo fu castigato dal proprio figliuolo, sí come fu anco Federico II dal suo. E non solo i prencipi, ma le nazioni intiere sono per ciò state punite: i giudei per avere ucciso Cristo, figliuolo di Dio, i greci per avere sprezzato in piú modi il suo vicario; le quali cose egli debbe temere piú, perché ha origine da quelli imperatori, i quali hanno ricevuto piú onore dalla Chiesa romana, che non hanno dato a lei. Lodarlo che desideri l'emendazione della Chiesa, ma avvertirlo anco di lasciare questo carico a chi Dio n'ha dato la cura: l'imperatore essere ben ministro, ma non rettor e capo. Aggionse sé essere desideroso della riforma et averlo dichiarato con l'intimazione del concilio fatta piú volte e sempre che è comparsa scintilla di speranza che si potesse congregare; e quantonque sino allora senza effetto, nondimeno non aveva mancato del suo debito, desiderando molto, cosí per l'universale beneficio del cristianesmo, come speciale della Germania, che ne ha maggior bisogno, il concilio, unico rimedio di provedere tutto. Essere già intimato, se bene per causa delle guerre differito a piú commodo tempo; però ad esso imperatore tocca aprire la strada che possi celebrarsi, col fare la pace o differire la guerra, mentre si trattano le cose della religione in concilio: ubedisca donque a' commandamenti paterni, escluda dalle diete imperiali tutte le dispute della religione e le rimetta al pontefice, non faccia ordinazione de' beni ecclesiastici, revochi le cose concesse a' ribelli della Sede romana, altrimenti egli per non mancar all'ufficio suo, sarà sforzato usare maggiore severità con lui, che non vorrebbe.
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