Libro secondo[settembre 1544 - marzo 1547]
[La pace fatta tra Cesare e 'l re di Francia dà occasione di ritornare a trattar del concilio]
La guerra tra l'imperatore et il re di Francia non durò longamente; perché Cesare conobbe chiaro che, restando egli in quella implicato et il fratello in quella contra turchi, la Germania s'avvanzava tanto nella libertà, che in breve manco il nome imperiale sarebbe stato riconosciuto, e che egli, facendo guerra in Francia, immitava il cane d'Esopo che, seguendo l'ombra, perdette e quella et il corpo; onde diede orecchie alle proposte de' francesi per fare la pace, con dissegno non solo di liberarsi da quello impedimento, ma anco, col mezo del re, accommodare le cose con turchi et attendere alla Germania. Perilché a 24 di settembre in Crespino fu conclusa fra loro la pace, nella quale, tra le altre cose, l'uno e l'altro prencipe capitolarono di defendere l'antica religione, d'adoperarsi per l'unione della Chiesa e per la riforma della corte romana, d'onde derivavano tutte le dissensioni, e che a questo effetto fosse unitamente richiesto il papa a congregar il concilio, e dal re di Francia fosse mandato alla dieta di Germania a far ufficio con i protestanti che l'accettassero. Il pontefice non si spaventò per il capitolo del concilio e di riformare la corte, tenendo per fermo che quando avessero posta mano a quella impresa, non averebbono potuto longamente restare concordi per i diversi e contrarii interessi loro, e non dubitava che dovendosi esseguire il dissegno per mezo del concilio, egli non avesse fatto cadere ogni trattazione in modo che l'autorità sua si fosse amplificata; ma ben giudicò che quando, avesse convocato il concilio alla richiesta loro, sarebbe stato riputato che l'avesse fatto costretto, che sarebbe stato con molta diminuzione della sua riputazione e d'accrescimento d'animo a chi dissegnava moderazione dell'autorità ponteficia.
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