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      Per il che non aspettando d'essere da alcuno di loro prevenuto, e dissimulate le sospizioni contra l'imperatore concepute, e le piú importanti, che gli rendeva la pace fatta senza suo intervento con capitoli pregiudiciali alla sua autorità, mandò fuori una bolla, nella quale, invitando tutta la Chiesa a rallegrarsi della pace, come per quale era levato l'unico impedimento al concilio, lo stabilí di nuovo in Trento, ordinando il principio per il 15 marzo.
      Vedeva il termine angusto, et insufficiente a mandare la notizia per tutto, nonché a lasciare spacio a' prelati di mettersi in ordine e far il viaggio; riputò nondimeno che fosse vantaggio suo che, se però s'aveva da celebrare, s'incomminciasse con pochi, e quelli italiani, corteggiani e suoi dependenti, i quali sarebbono stati i primi, cosí sollecitati da lui, dovendosi nel principio trattare del modo come proceder nel concilio che è il principale, anzi il tutto per conservare l'autorità ponteficia; alla determinazione de' quali sarebbono costretti stare quelli che alla giornata fossero sopragionti; né essere maraviglia che un concilio generale s'incomminci con pochi, perché nel pisano e costanziense cosí occorse, i quali ebbero però felice progresso. Et avendo penetrata la vera causa della pace, scrisse all'imperatore che in servizio suo aveva prevenuto et usato celerità nell'intimazione del concilio. Imperoché sapendo come Sua Maestà, per la necessità della guerra francese, era stata costretta permettere e promettere molte cose a' protestanti, con l'intimazione del concilio gli aveva dato modo d'escusarsi nella dieta che si doveva fare al settembre, se, instante il concilio, non effettuava quello che aveva promesso concedere sino alla celebrazione di quello.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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