In quella don Diego voleva precedere il cardinale di Trento e sedere appresso i legati, dicendo che, rappresentando l'imperatore, doveva sedere dove averebbe seduta Sua Maestà. Ma per non impedire le azzioni fu trovato modo di stare che non appariva quale di loro precedesse. Gli ambasciatori del re presentarono solo una lettera del suo prencipe; a bocca esplicarono l'osservanza regia verso la Sede apostolica et il pontefice, l'animo pronto a favorire il concilio et ample offerte: soggionsero che mandarebbe il mandato in forma e persone piú instrutte.
Dopo questo arrivò a Trento et a Roma l'aspettato aviso della proposta fatta in dieta il dí 24 marzo dal re Ferdinando, che vi presedeva per nome dell'imperatore, e della negoziazione sopra di quella seguita: e fu la proposta del re che l'imperatore aveva fatta la pace col re di Francia per attendere a comporre i dissidii della religione e proseguire la guerra contra turchi; dal quale aveva avuto promessa d'aiuti e dell'approbazione del concilio di Trento, con risoluzione d'intervenirvi o in persona o per suoi ambasciatori. Per questo stesso fine aveva operato col pontefice che l'intimasse di nuovo essendo stato per inanzi prorogato, e sollecitatolo anco a contribuire aiuti contra i turchi. Che dalla Santità Sua aveva ottenuto l'intimazione e già essere in Trento gl'ambasciatori mandati dall'imperatore e da lui. Che era noto ad ogni uno quanta fatica avesse usato Cesare per fare celebrare il concilio, prima con Clemente in Bologna, poi con Paolo in Roma, in Genova, in Nizza, in Lucca et in Busseto.
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