Però altro non rimaneva se non che la Maestà Sua o con l'autorità gli inducesse, o con le forze gli constringesse ad ubedire. Il che quando non si facesse, e per loro rispetto si desistesse da procedere inanzi alla condannazione loro, overo dopo condannati non fossero costretti a deporre i loro errori, si mostraria a tutto 'l mondo che gli eretici commandano, et il papa con l'imperatore ubediscono. Che sí come la Sua Santità lodava usare prima la via della dolcezza, cosí riputava necessario mostrare con effetti che, dopo quella, sarebbe seguita la forza armata. Gli offerí per questo effetto concessione di valersi di parte delle entrate ecclesiastiche di Spagna e vendere vassellaggi di quelle chiese, di sovvenirlo de dannari proprii e di mandargli d'Italia in aiuto 12000 fanti e 500 cavalli pagati, e far opera che dagli altri prencipi d'Italia fossero parimente mandati altri aiuti, e mentre facesse quella guerra, procedere con arme spirituali e temporali contra qualonque tentasse molestare i Stati suoi. Espose anco Farnese all'imperatore il tentativo del vicerè di Napoli di volere mandare quattro procuratori per nome di tutti i vescovi del regno, con mostrargli che questo non era né raggionevole, né legitimo modo, né sarebbe stato con reputazione del concilio; che se vescovi tanto vicini, in numero cosí grande, avessero potuto scusarsi con la missione di quattro, molto piú l'averebbe fatto la Francia e la Spagna, e s'averebbe fatto un concilio generale con 20 vescovi. E pregò l'imperatore a non tolerare un tentativo cosí contrario all'autorità del papa et alla dignità del concilio, del quale è protettore, pregandolo a darci rimedio opportuno.
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