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      Scrissero però a Roma dando conto del successo e richiedendo se dovevano ricevergli stante la bolla, aggiongendo parergli duro dar ripulsa a' procuratori d'un tanto personaggio che si mostra fervente e favorevole alla parte de' catolici, quale per ciò si potrebbe intepidire; instando d'averne risposta, perché la deliberazione che si facesse in quella causa, servirebbe per essempio, poiché potrebbono forse mandare procuratori anco gli altri vescovi grandi di Germania: i quali non sarebbe manco bene che andassero in persona a Trento, perché, soliti a cavalcar con gran comitive, non potrebbono capire tutti in quella città; e scrissero che sopra tutto non bisognava sdegnar i tedeschi, naturalmente sospettosi e che facilmente si risolvono, tanto piú quando si tratta di persone amorevoli e benemeriti, come il Cocleo, che è già in viaggio per nome del vescovo Heicstetense, il qual ha scritto tante cose contra gli eretici, che si vergognerebbono di dire che non potesse aver voto in concilio. Il pontefice non giudicò ben respondere precisamente sopra di ciò, attese le difficoltà di Napoli: perché continuando il vicerè nella sua risoluzione, fu fatto il mandato alli 4 che per nome di tutti intervenissero; quali posti in punto, passarono da Roma, tacendo d'esser eletti procuratori degli altri e dicendo andare per nome proprio e che gli altri averebbono seguito. Ma scrisse a' legati che trattenessero i procuratori, dando buone parole sin che egli dasse altra risoluzione. I napolitani nell'istesso tenore parlarono anco al loro arrivo in Trento, dissimulando cosí il papa, come i legati, per aspettare a farne motto quando fosse risoluto il tempo dell'aprire il concilio.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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