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      S'incitavano l'un l'altro, dicendo che bisognava resarcire parte della tardità passata con la celerità. Che si dovesse domandar al papa qualche uomo di valore che facesse la perorazione contra i rei, come fece Melchior Baldassino contra la Pragmatica nel concilio lateranense, persuasi che il privare i prencipi delli Stati loro non avesse altra difficoltà che di ben usare le formule de' processi. Ma i legati, cosí per questa come per altra occorrenza, conobbero essere necessario aver un tal dottore, e scrissero a Roma che fosse proveduto d'alcuno.
      Il pontefice, intesa l'azzione dell'imperatore, restò attonito e dubioso se dovesse querelarsi o tacere; il querelarsi, non dovendo da ciò succedere effetto, lo giudicava non solo vano, ma anco una publicazione del poco potere, e questo lo moveva grandemente. Ma dall'altra parte ben pensato quanto importasse se egli avesse passato con silenzio una cosa di tanto momento, deliberò di non fare parole, come a Trento, ma venire a' fatti per rispondere poi all'imperatore, s'egli avesse parlato. E però sotto il 18 luglio fece un'altra citazione contra l'istesso arcivescovo, che in termine di 60 giorni dovesse comparire personalmente inanzi a lui. Citò ancora il decano di Colonia e 5 altri canonici de' principali, lasciando in disputa alle persone in che modo l'arcivescovo potesse comparire inanzi a doi che lo citavano per la medesima causa in diversi luoghi, nel medesimo tempo, et in che appartenesse all'onore di Cristo una disputa di competenza di foro.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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