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      Per il che faceva nascere sempre nuovi emergenti che tenessero le cose in sospeso, trasportando dolcemente il tempo sotto diversi colori, et alle volte proponendo anco che fosse meglio trasferirlo altrove, dando anco speranza di contentarsi che si transferisse in Italia et anco a Roma, accioché piú facilmente il papa et i prelati italiani porgessero orrecchie alla proposta e tirassero il concilio in longo.
     
     
      [Il papa si risolve alla traslazione, e dà l'investitura di Parma e Piacenza al suo figlio naturale]
     
      Il pontefice era molto angustiato: alle volte si eccitava in lui il desiderio antico de' suoi precessori che il concilio non si celebrasse, e condannava se stesso d'aver caminato questa volta tanto inanzi; vedeva però di non poter senza gran scandalo e pericolo mostrar apertamente di non volerlo, con dissolvere quella poca di congregazione che era in Trento; vedeva chiaramente che per estinguer l'eresie non era utile rimedio, perché per quello che s'aspettava all'Italia, era piú ispediente con la forza e con l'ufficio dell'inquisizione provedere, dove che l'espettazione del concilio impediva questo che era l'unico rimedio. Quanto alla Germania appariva ben chiaramente che il concilio piú tosto difficoltava che facilitava quelle cose; nel rimanente, ancora celebrandosi, aveva gran dubio se dovesse concedere all'imperatore i mezi frutti e vassallatici de' monasterii di Spagna; perché non facendolo, Sua Maestà ne sarebbe restata sdegnata, e facendolo dubitava che nel concilio scoprissero i prelati spagnuoli alienazione d'animo da lui e dalla Sede apostolica, che ad altri donava quello che a loro apparteneva.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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