E certificato in se stesso che gli interessi suoi e quei di Cesare, per la contrarietà, non potevano unirsi, deliberò tenergli i suoi fini occolti et operare come metteva conto alle cose sue: però, senza mostrar alcuna displicenza della risposta, replicò immediate al Caserta che, per compiacere a Sua Maestà, deliberava d'aprir il concilio senza interposizione di tempo, commandando che si dasse principio agl'atti conciliari, procedendo tutti con piena libertà e con debito modo et ordine. Il che disse il pontefice cosí con parole generali, per non esprimersi quali cose dovessero essere prima o dopo proposte e trattate o lasciate in tutto; essendo risoluto che le cose della religione e de' dogmi fossero principalmente trattate senza addur altra raggione, quando fosse costretto dirne alcuna, se non che il trattare della riforma sola era una cosa mai piú usata, contraria alla riputazione sua e del concilio. Perilché l'ultimo d'ottobre, avendo communicato il tutto co' cardinali, di loro conseglio e parere stabilí e scrisse anco a Trento che il concilio dovesse esser aperto per la futura domenica, Gaudete dell'avvento, la qual doveva esser a' 13 decembre.
Arrivata la nuova, i prelati mostrarono grandissima allegrezza, vedendo d'essere liberati dal pericolo che gli pareva soprastare di rimanere in Trento longamente e senza operare cosa alcuna. Ma poco dopo tornarono in campo le ambiguità, perché arrivarono lettere dal re di Francia a' suoi prelati, che erano tre, di dovere partire. A' legati ciò parve cosa importantissima, essendo come una dichiarazione che la Francia et il re non approvassero il concilio.
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