Narrò le corruttele entrate in tutti questi tre, per restituire i quali il papa, col favore del imperatore, de' re di Francia, de' Romani e di Portugallo, e di tutti i principi cristiani, ha ridotta la sinodo e mandato i legati. Fece digressione longhissima in lode del papa; un'altra poco piú breve in commendazione dell'imperatore, lodò poi i tre legati, traendo le commendazioni dal nome e cognome di ciascuno d'essi; soggionse che, essendo il concilio congregato, tutti dovevano adunarsi a quello, come al caval di Troia. Invitò i boschi di Trento a risuonare per tutto 'l mondo che tutti si sottomettino a quel concilio; il che se non faranno, si dirà con raggione che la luce del papa è venuta al mondo e gli uomini hanno amato piú le tenebre che la luce. Si dolse che l'imperatore non fosse presente, o almeno Diego che lo rappresentava. Si congratulò col cardinale Madruccio che nella sua città il papa avesse congregato i padri dispersi et erranti. Si voltò a' prelati e disse che aprire le porte del concilio è aprire quelle del paradiso, di donde debbia descendere l'acqua viva per empire la terra della scienza del Signore. Essortò i padri ad emendarsi et aprire il cuore come terra arida per riceverla; soggiongendo che, se non lo faranno, lo Spirito Santo nondimeno aprirà loro la bocca, come quella di Caiphas e di Balaam, acciò fallando il concilio, non falli la Chiesa santa, restando però le menti loro ripiene di spirito cattivo. Gli essortò a deponere tutti gli affetti, per poter degnamente dire: "È parso allo Spirito Santo et a noi". Invitò la Grecia, Francia, Spagna et Italia e tutte le nazioni cristiane alle nozze.
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