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      Il cardinale Pacceco disse che il concilio non per altro ha da trattare gli articoli di fede, se non per ridurre la Germania, e chi vorrà fare questo fuori di tempo, non solo non conseguirà il fine, ma farà peggiorare le cose. Quando l'opportunità sia di farlo, non potersi saper in Trento, ma da chi sede al timone di Germania e, vedendo tutti i particolari, conosce anco quando sia tempo di dargli questa medicina. Per tanto consegliava che si ricercasse con lettere il parere de' principali prelati di quella nazione, inanzi che passar ad altro, overo che il noncio apostolico ne parlasse con l'imperatore. Al qual parere aderirono i prelati imperiali pratticati dall'ambasciatore. Ma i legati, lodato il giudicio di quelli e promesso di scriver al noncio, soggionsero che con tutto ciò gli articoli potevano essere da' teologi disputati per avanzare tempo; a che aderí anco il cardinale e gli altri, sperando che molte difficoltà si potessero attraversare per far differir, e contentandosi l'ambasciatore Toledo, purché passasse la estate senza che si venisse a definizione.
      Gli articoli proposti furono:
      1 Che Adamo, per la transgressione del precetto, ha perduto la giustizia et incorso l'ira di Dio e la mortalità e deteriorato nell'anima e nel corpo, da lui però non è trasferito nella posterità peccato alcuno, ma solo le pene corporali.
      2 Che il peccato d'Adamo si chiama originale, perché da lui deriva nella posterità, non per trasmissione, ma per immitazione.
      3 Che il peccato originale sia ignoranza o sprezzo di Dio, overo l'essere senza timor, senza confidenza in Sua Maestà e senza amor divino, e con la concupiscenza e cattivi desiderii; et universalmente una corrozzione di tutto l'uomo nella volontà, nell'anima e nel corpo.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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