Il qual parere fu da tutti reprovato con dire che sant'Agostino pose due sorti di concupiscenza: quella che è inanzi il battesmo, la qual è una repugnanza della volontà alla legge di Dio, quale ebbe per il peccato e nel battesmo scancellarsi, et un'altra, che è repugnanza del senso alla raggione, che resta anco dopo il battesmo, la qual Agostino disse effetto e causa, ma non mai peccato, e quando pare che il contrario dica, convien tenere per fermo la mente d'Agostino essere che la concupiscenza sia peccato che nel battesmo resti d'esser tale e divenga essercizio di virtú e buone opere. Il frate, attesa questa sua opinione, essendogli aggionte le cose dette ne' sermoni fatti da lui nella messa della quarta domenica dell'advento precedente et in quella della quaresima, essortando a mettere la total fiducia in Dio e dannando ogni confidenza nelle opere, et affermando che gli atti eroici degli antichi, tanto lodati dagli uomini, erano veri peccati; della differenza ancora della Legge e dell'Evangelio parlando non come de doi tempi, ma come che sempre vi sia stato Evangelio e sempre vi debbia essere Legge; e della certezza della grazia ancora, se ben con qualche clausule ambigue et artificiose, sí che non s'averebbe potuto riprenderlo che non si fosse difeso, entrò in sospetto d'alcuni che non fosse affatto alieno dalla dottrina de' protestanti.
Come si venne all'articolo della pena, se ben sant'Agostino, fondatosi sopra san Paolo, professatamente tenne convenirgli la pena del fuogo infernale eziandio ne' fanciulli, e da nissuno de santi padri fu detto in contrario; con tutto ciò il maestro co' scolastici, che seguono piú le raggioni filosofiche, distinsero due sorti di pene eterne: una, la sola privazione della beatitudine celeste, e l'altra il castigo; e la prima sola diedero al peccato originale.
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