[I padri, dopo queste censure, travagliano a formar il decreto]
Finita la censura de' teologi, e trattandosi le materie tra i padri per risolvere la forma del decreto, i vescovi, pochissimi de' quali avevano cognizione della teologia, ma erano o iurisconsulti o letterati della corte, si trovarono confusi per il modo scolastico di trattare le materie, pieno di spine, e nelle diversità d'opinioni non potevano formare giudicio per conto dell'essenza del peccato originale. Piú di tutte era intesa quella del Catarino, per esser espressa col concetto politico di patto fatto da uno per la sua posterità, che, transgresso, senza nissun dubio l'obliga tutta, e molti de' padri la favorivano; ma vedendo la contradizione degli altri teologi non ardirono riceverla. Quanto alla remissione del peccato, questo solo tenevano per chiaro, che inanzi il battesmo ogni uno ha il peccato originale, e da quello per il battesmo è mondato perfettamente; però concludevano che questo tanto si dovesse stabilire per fede et il contrario dannare per eresia, insieme con tutte quelle opinioni che negano in qual si voglia modo il peccato originale; ma che cosa quello sia, essendo tante differenzie tra i teologi, non essere possibile definirlo con tanta circonspezzione che si dia sodisfazzione a tutti e non si condanni l'opinione di qualch'uno, con pericolo di causare qualche scisma.
A questa universal inclinazione erano contrarii Marco Viguerio, vescovo di Sinigaglia, e fra Gieronimo, general di sant'Agostino, e fra Andrea Vega, francescano teologo.
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Catarino Marco Viguerio Sinigaglia Gieronimo Agostino Andrea Vega
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