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      Disse di piú aver il re conosciuto quanto sia proficuo alla cristianità aver per capo il vescovo romano: onde ancorché tentato et invitato con utilissimi partiti a seguitare l'essempio d'un altro, non ha voluto partirsi dal suo parere, e perciò ha perduto l'amicizia de' suoi confinanti con qualche danno. Che subito intesa la convocazione del concilio inviò alcuni de' suoi vescovi, e dopo che vidde farsi da dovero et essere stabilita l'autorità con piú sessioni, ha voluto mandar esso oratore per assistergli, procurando da loro che statuiscano una volta e publicamente propongano la dottrina che tutti i cristiani debbino professare in ogni luogo e che indrizzino la disciplina ecclesiastica alla norma de' sacri canoni, promettendo che il Cristianissimo re farà osservare il tutto nel suo imperio, et averà patrocinio e difesa de' decreti del concilio. Aggionse poi che, essendo cosí grandi i meriti de' re di Francia, gli siano conservati i privilegii concessi dagli antichi padri e da' sommi pontefici, de' quali fu in possessione Ludovico Pio e tutti gli altri re di Francia seguenti, e che siano confermate alle chiese di Francia, de quali egli è tutore, le sue raggioni, privilegii et immunità; il che se il concilio farà, tutti i francesi lo ringraziaranno et i padri non si pentiranno d'averlo fatto.
      Fu per nome della sinodo risposto da Ercole Severolo, procuratore del concilio, con brevi parole, ringraziando il re, mostrando che la presenza dell'ambasciatore gli fosse gratissima, promettendo d'attendere con ogni studio allo stabilimento della fede et alla riforma de' costumi, et offerendo ogni favore al regno et alla Chiesa gallicana.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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