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      Non però fu resa la questione chiara per le dispute, anzi piú oscurata.
      Nel principio, come al suo luogo detto abbiamo, una parte diceva che la certezza d'aver la grazia è presonzione, l'altra che sí può averla meritoriamente. I fondamenti de' primi erano che san Tomaso, san Bonaventura et il commune de' scolastici cosí hanno sentito, causa perché la maggior parte de' dominicani era nell'istessa openione. Oltre l'autorità de' dottori, aggiongevano per raggioni non aver Dio voluto che fosse l'uomo certo, acciò non si levasse in superbia et estimazione di sé medesimo, acciò non si preferisse agli altri, come farebbe a' manifesti peccatori chi si conoscesse giusto; ancora si renderebbe il cristiano sonnolente e trascurato e negligente ad operare bene. Per questi rispetti dicevano l'incertezza esser utile, oltre che meritoria, perché è una passione d'animo che lo affligge, la qual sopportata cede a merito. Adducevano anco luoghi della Scrittura: di Salomone, che l'uomo non sa se sia degno d'odio o amore; della Sapienza, che commanda non esser senza timore del peccato perdonato; di san Pietro, che s'attendi alla salute con timore e tremore; di san Paolo, che disse di sé medesimo: "Quantonque la mia conscienza non m'accusi, non però mi tengo giustificato". Queste raggioni e testimonii, insieme con molti luoghi de' padri, erano portati et amplificati, massime dal Seripando, dal Vega e dal Soto.
      Ma il Catarino col Marinaro avevano altri luoghi de' medesimi padri in contrario, il che ben mostrava che in questo particolare avessero parlato per accidente, come le occasioni facevano piú a proposito, ora per sollevar i scrupolosi, ora per reprimer gl'audaci; però si restringevano all'autorità della Scrittura.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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