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      Il Marinaro disse che, sí come il dire nissun'azzione umana esser in nostra potestà è cosa sciocca, cosí non è minor pazzia il dire che ogni una vi sia, esperimentando ogni uno di non aver tutti gli affetti in propria potestà; e l'istesso esser il senso delle scole, che dissero: ne' primi moti non siamo liberi, la qual libertà avendo i beati, perché essi hanno dominio anco sopra i primi moti, esser cosa certa che qualche libertà è in loro, che non in noi. Il Catarino, seguendo l'openione sua, che senza special aiuto di Dio non poteva l'uomo operare bene morale, diceva che in questo si poteva dire non essere libertà, e però il quarto articolo non era da dannarsi cosí facilmente. Il Vega, dopo aver parlato con tanta ambiguità che esso stesso non s'intendeva, concluse che tra la sentenzia de' teologi e de' protestanti non vi era piú differenza veruna, perché concludendo al presente questi una libertà alla giustizia filosofica e non alla sopranaturale et alle opere esterne della legge, non alle interne e spirituali, tanto precisamente è come dire con la Chiesa che non si può esseguire le opere spirituali spettanti alla religione senza l'aiuto di Dio. Se ben egli diceva che si debbe metter ogni studio per la concordia, non però era gratamente sentito, parendo in certo modo pregiudicio che alcuna delle differenze si potesse riconciliare, e costumavano di dire che questa era cosa da colloquii, voce abominata, come che per quella fosse usurpata da' laici l'autorità che è propria de' concilii.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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