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      Certo è che sopra queste materie furono tenute congregazioni parte de' teologi, parte de' prelati al numero di 100, e che dal principio del settembre sino al fine di novembre non passò giorno che il cardinale non mettesse mano in quello che prima era scritto e non facesse qualche mutazione; ebbe avvertenza anco a cose minime. Resta la memoria delle mutazioni, de' quali ne raccontarò qui 2 come per saggio delle molte che sarebbe noioso rammemorare. Nel primo capo della dottrina, con assenso commune, fu prima scritto che né i gentili per virtú della natura, né i giudei per la legge di Moisè potevano liberarsi dal peccato; e perché tenevano molti che la circoncisione rimettesse i peccati, presero sospetto che quelle parole potessero pregiudicare all'opinione loro, quantonque in piú d'un luogo san Paolo in termini formali abbia detto l'istesso. Per sodisfargli il cardinale in luogo che diceva: "Per ipsam etiam legem Moysi", mutò e disse: "Per ipsam etiam literam legis Moysi", et ogni mediocre intendente della teologia può da sé giudicare quanto bene quella voce "literam" convenga in quel luogo. E nel principio dell'ottavo capo non si contentarono quei della certezza della grazia che si dicesse i peccati non esser rimessi all'uomo per la certezza della remissione e perché si confidi in quella. Et il cardinale gli sadisfece escludendo la certezza reale e costituendo in luogo di quella la iattanzia e la confidenza in quella sola. Et in fine del capo può ogni uno chiaramente vedere che la causa doveva esser resa con dire: "perché nissun può sapere certamente d'aver acquistata la grazia di Dio"; ma per sodisfazzione d'una parte convenne aggiongere "certezza di fede"; né bastando questa a' dominicani, instarono che s'aggiongesse "catolica". Ma gli aderenti al Catarino non contentandosi, in luogo di quelle parole "fede catolica", si disse: "fede, la qual non può sottogiacere a falsità". Il qual modo contentò ambe le parti, perché gli uni inferivano: adonque quella certezza di fede che si può aver in ciò, può esser falsa e per tanto incerta; gli altri inferivano che tal certezza non può avere dubio di falsità per quel tempo che si tiene; ma per la mutazione che può avvenire passando da stato di grazia a quello di peccato, può diventar falsa, sí come tutte le verità di presente contingenti, ancorché certissime et indubitatissime, con la mutazione delle cose sogette diventano false; ma la fede catolica non solo è certa, ma anco immutabile, per aver sogette cose necessarie o passate, che non ricevono mutazione.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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