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      Né contento di questo, negò anco all'imperatore che potesse continuar a valersi de' danari delle chiese di Spagna oltra i sei mesi: e quantonque i ministri di Cesare facessero con lui replicati e potenti ufficii, mostrando che la continuazione della causa per che furono concessi ricercasse anco che si continuasse la concessione e che l'opera resterebbe vana e senza frutto, quando non si conducesse al fine la guerra, non potero moverlo dalla risoluzione presa.
      Successe anco che, essendo nata una congiura pericolosa in Genova, che quasi ebbe effetto, dalla famiglia Fiesca contro la Doria che seguiva le parti imperiali, ebbe l'imperatore per certo che il duca di Piacenza, figlio del papa, ne fosse stato l'autore e credette che dal papa venisse, e non si astenesse di aggiongere questa querela alle altre. Il papa teneva per fermo che l'imperatore sarebbe occupato in Germania per longo tempo e senza poterlo offendere con forze temporali, ma temeva che, col far andar i protestanti al concilio, potesse eccitargli qualche travaglio. Il rimedio di separare il concilio gli pareva troppo violento e scandaloso, massime essendo stato 7 mesi in trattazione non publicata; venne in parere di fare publicare le cose già digerite, poiché per quella dicchiarazione o i protestanti averebbono ricusato andarvi, o andando sarebbono costretti accettarla: nella quale voltandosi il cardine di tutte le controversie, la vittoria sarebbe stata la sua; e quando non vi fosse altra raggione di farlo, questo solo lo consegliava: che, desiderando l'imperatore che s'astenesse da decidere le controversie, questo bastava per concludere esser utile a lui il farlo, dovendo esser contrarii i consegli di chi ha contrarii fini.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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