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      De' cardinali basta considerare il volgar detto della corte che s'uguagliano a' re, dal che concludono che nissuna entrata sia eccessiva in loro, se non è soprabondante alla condizione regale. Introdotta la consuetudine, e non potendo il mondo, né l'equità resistere, i pontefici romani riservarono a sé soli il poter dispensare degli incompatibili e dell'averne piú di doi degl'altri. Ma per trovar modo di metter in pratica che avesse del colorato, si diede mano alle commende, cosa anticamente ben instituita e poi adoperata solo a questo fine. Già quando per qualche rispetto di guerre, pesti et altre cause tali non si poteva cosí presto far l'elezzione o provisione, il superiore raccommandava la chiesa vacante a qualche persona di bontà e valore, che oltre la cura della propria, governasse anco la vacante finché fosse provisto di rettore proprio e titulario: questo allora non aveva facoltà sopra le entrate, se non di governarle e consegnarle. In progresso i commendatarii, sotto varii pretesti di necessità et onestà, si valsero de' frutti e, per goderli piú longamente, attraversavano varii impedimenti alla provisione; onde per rimedio fu preso ordine che la commenda non potesse durare piú di 6 mesi. Ma i papi, con l'autorità loro di plena potenza, passarono a commendare per piú longo tempo, e finalmente anco a vita del commendatario, e con facoltà di usar per sé i frutti oltre le spese necessarie. Questa buona invenzione cosí degenerata si usò ne' tempi corrotti per paliare la pluralità al possessore d'un beneficio, commendandone un altro o piú, cosí servando le parole della legge di non dar ad una persona salvo che uno, ma defraudando il senso, poiché il commendatario a vita in essistenza e realtà non è differente dal titolario.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561