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      [Il papa, temendo del concilio, si risolve a trasferirlo in Bologna]
     
      Poi ruminando il papa gli avisi da Trento e dal noncio suo di Germania fra se stesso con i suoi intimi, restò pieno di sospetto che il concilio non dovesse partorir qualche gran mostruosità a pregiudicio di lui e dell'autorità ponteficia. Considerava le fazzioni tra' teologi, massime dominicani e francescani, antichi emuli e contrarii di dottrina, che in concilio avevano preso animo di trapassar il segno delle contenzioni, da' prudenti con difficoltà composte; fra quali essendo delle differenze non minori di quelle che si hanno con luterani, et essi assai arditi nel tassarsi l'un l'altro, le quali, se non si starà sempre nell'accordargli, esservi pericolo che non soccedesse qualche grave inconveniente. Faceva gran riflesso sopra la disputa della residenza, se è de iure divino, e sopra l'audacia di fra Bartolomeo Carranza, il qual, fomentato da molti, era passato a chiamare l'opinione contraria dottrina diabolica. Vedeva quanto facilmente potesse nascer un altro male simile a quello di Lutero, e che si fosse fatto della residenza un articolo di fede, il papato era ridotto a niente. Considerava che tutte le riforme miravano a ristringer l'autorità del papa et ampliare quella de' vescovi; avvertí quanto poco fosse stata l'autorità sua stimata, che avendo il concilio dato speranza di rimetter a lui la riforma, di che anco aveva formato la bolla, avvocandola tutta a sé, poi, senza rispetto di lui, s'aveva trattato piú acremente.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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