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      Era nota all'imperatore la mira del papa di volerlo implicare in nuova impresa, per intorbidargli quella che già aveva a fine condotta. Però rispose che col pontefice voleva esser unito nelle cose della religione; ma, dove si trattava di guerra, era risoluto far i fatti suoi da se stesso e non esser capitano di chi in l'opportunità l'abbandonasse, come nella guerra di Germania. E dall'altro canto esso ancora propose diversi vantaggi al papa, quando consentisse il ritorno del concilio a Trento. Sopra che avendo il legato certificato di non aver commissione alcuna, ispedí Cesare in diligenza il cardinale di Trento al pontefice per negoziare la restituzione del concilio et altri particolari che si diranno. Il pontefice, dopo averlo piú volte ascoltato senza scoprir qual fosse l'animo suo, finalmente rispose che dovesse parlarne in concistorio.
      Il cardinale a 9 di decembre, in presenza di tutto 'l collegio, dopo aver narrato quante fatiche e pericoli aveva passato Cesare, non per altro che per sostenere la degnità del concilio, e come finalmente per la sua diligenza et autorità aveva indotto tutti i prencipi e stati di Germania ad aderirvi e sottomettervisi, pregò Sua Santità, a nome di Cesare, di Ferdinando e di tutto l'Imperio, che per l'amor di Dio volesse far ritornar a Trento i vescovi che erano a Bologna, per finir l'opera necessaria incomminciata, et ancora si contentasse mandar un legato o doi in Germania con pienissima autorità pontificale, senza ritenergli facoltà alcuna, accioché con loro conseglio si ordinasse un modo di vivere sino al concilio e si riformasse l'ordine ecclesiastico: et appresso di ciò avesse considerazione e determinasse se, accorrendo vacanza della Sede durante il concilio, l'elegger il pontefice toccasse a' padri d'esso o a' cardinali: acciò, occorrendo, non nascesse qualche nuovo moto.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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