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      Il pontefice, ricevute queste lettere, finita la messa del giorno di san Giovanni Evangelista, ritornato alla camera de' paramenti co' cardinali, communicò loro la risposta del concilio, la qual essendo dalla maggior parte approvata, fatto chiamar il Mendozza, gli rifferí il parer della sinodo, approvato anco da' cardinali, et aggionse non esserci cosa la qual non facesse per causa della Germania, di che poteva Cesare esser buon testimonio; che teneva anco certo la dimanda fattagli da esso ambasciatore per nome di Cesare, di Ferdinando e dell'Imperio aver una condizione aggionta, cioè quando sia con pace e commodo dell'altre nazioni e con libertà della Chiesa; la quale, poiché congregata in un concilio generale, aveva giudicato altrimente, e dell'istesso parer era anco il collegio de' cardinali, egli non doveva, né poteva riputarla se non giuridica e raggionevole et approvarla, come anco faceva. Che averebbe desiderato, per l'amor paterno verso Cesare et il re, poter dargli risposta piú grata; ma da un pontefice, capo della Chiesa, non si doveva aspettare se non quello che il buon governo delle cose publiche lo constringeva deliberare; che conosceva la prudenza dell'imperatore et il filial amor suo, onde confidava che averebbe ricevuto quello che da tanti padri era giudicato necessario, averebbe commandato a' prelati spagnuoli che erano in Trento di ridursi immediate a Bologna, e sarebbesi adoperato acciò la Germania ricevesse le condizioni dal concilio proposte, e quanto prima inviasse i prelati tedeschi, e rendesse cauta la sinodo che sarebbono osservate le proposte condizioni.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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