Questa scrittura fu in fine d'aprile presentata.
Dopo la quale non fu proceduto piú inanzi nella causa, perché i cardinali deputati non sapevano trovar modo come venir a fine: il pronunciar la traslazione legitima in assenza di chi la contradiceva, non avendo modo di costringergli a ricever la sentenza, era fare un scisma; meno si vedeva modo come sforzargli ad assister al giudicio. Il pontefice era di ciò molto angustiato, non vedendo manco partito alcuno come, senza forma di giudicio, si potesse comporre questa difficoltà.
[Il papa preme la restituzione di Piacenza occupata da' cesarei]
Mentre queste cose si trattano, dopo la morte del duca suo figlio il papa con continue instanze fece dimanda della restituzione di Piacenza e d'altri luoghi occupati nel Parmeggiano, valendosi degl'interessi della figlia dell'imperatore, moglie del duca Ottavio, figlio del defonto. Ma Cesare, che dissegnato aveva di tenere quella città per il ducato di Milano e dar ricompensa al genero in altro, portava il tempo inanzi in varie risposte e partiti, sperando che il papa, già ottuagenario et adolorato per la morte del figlio e tanti altri disgusti, dovesse, lasciando la vita, dare luogo e fine a tutte le controversie. Ma il papa, vedendosi deluso con le dilazioni e molestato con le instanze di far ritornar il concilio in Trento et offeso con la dimora continuata de' prelati spagnuoli in quella città, per far almeno una diversione, fece intendere a Cesare che gl'occupatori di Piacenza, terra della soggezzione della Sede apostolica, erano incorsi nelle censure, alla dicchiarazione de' quali egli voleva passare, folminandone anco di nuove, se fra un dato termine non gli era restituita.
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