Rescrisse l'imperatore una lettera acerba, avvertendo il papa a non dar fomento a' fuorusciti di Napoli, narrando che tutti i machinamenti gli erano passati a notizia, che aveva inteso le calonnie eccitate contra da lui, che procurasse scisma, mentre per unire la cristianità dimanda il concilio in Trento; e quanto a Piacenza, che quella è membro del ducato di Milano, occupata indebitamente da' pontefici già pochi anni, e se la Chiesa vi ha ragioni sopra, si mostrino, che non mancherà di far quello che sarà giusto. Il papa, vedendo che le arme spirituali senza le temporali non averebbono fatto effetto, si voltò a restringere una lega contra l'imperatore; nel che scontrò molte difficoltà per non poter indurre li veneziani ad entrarvi e chiedendo i francesi, attesa la decrepità del papa, assenso del consistoro e deposito de danari, de' quali il papa non voleva privarsi per le molte spese che faceva e per il timore di doverle far maggiori; per la qual causa anco aveva gravato i subditi quanto potevano portare, e venduto et impegnato quanto poteva, et ordinato che si spedisse ogni sorte di dispense e grazie a chi componeva in danari per i bisogni della Sede apostolica. Per conto del concilio, di non farlo fuori delle terre sue era risolutissimo, et oltre le urgenti raggioni che aveva, s'aggiongeva anco quella della riputazione sua e della Sede apostolica, se l'imperatore l'avesse potuto costringere. Ma come potesse indurre l'imperatore e la Germania a consentirvi, non sapeva vederlo: il lasciarlo andar in niente, ora gli pareva bene, ora male: piú volte ne tenne proposito co' cardinali, et in consistorio et in privati discorsi.
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