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      In questa parte inclinava piú, come piú conforme alla natura sua, avida piú di fuggire le incommodità presenti che evitare i pericoli futuri: elegendo questa, si liberava dalla molestia che l'imperatore gli averebbe dato; quanto a' pericoli che il concilio apportava, incomminciò a stimarli meno; pensava non esser l'istessa fortuna di Cesare allora che già doi anni: allora era stimato, aspettando la vittoria, e poi ottenuta; ora si vede che quella gli è piú di peso e difficoltà. Tiene doi prencipi preggioni, come il lupo per le orechie; le città di Germania hanno aperti spiriti di ribellione; gli ecclesiastici sono socii di quella dominazione; esservi anco li domestici mali per il figlio et il fratello et il nepote che aspirano all'Imperio, negozio che gli darà forse travaglio sopra le sue forze. In fine fece conclusione secondo il suo naturale: usciamo della difficoltà presente con speranza che la nostra buona fortuna non ci abandonerà.
      E ritenendo in sé la risoluzione, deputò una congregazione de cardinali et altri prelati, per la maggior parte imperiali, acciò capitassero alla risoluzione da lui presa, frapostovi pochi suoi confidenti per tener regolato il negozio secondo l'intenzione sua; alla quale propose la ricchiesta dell'imperatore: ordinando che, senza alcun rispetto, ciascun dicesse quello che gli pareva esser servizio di Dio e della Sede apostolica, e quando si riputasse ben condescendervi, pensasse anco la maniera di farlo con degnità, sicurezza e frutto. La congregazione, dopo che ebbe piú volte consultato, riferí al pontefice che giudicava necessario proseguire il concilio, perché cosí era giurato nel conclave e da Sua Santità dopo l'assonzione, e per levar lo scandalo dal mondo, che senza dubio sarebbe grandissimo non lo facendo.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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